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il rischio nascosto nelle parole della PM del caso di Giulia Tramontano.
Letizia Mannella dice: «Quello che è veramente importante in questa vicenda è che deve insegnare a noi donne di non andare mai all’incontro della spiegazione. È un momento da non vivere mai, perché estremamente pericoloso».
Mannella è la procuratrice aggiunta del V Dipartimento soggetti deboli e persone vulnerabili alla Procura della Repubblica del Tribunale di Milano. La vicenda a cui si riferisce riguarda il femminicidio di Giulia Tramontano, la ragazza di 29 anni incita di sette mesi, uccisa a Senago, dal compagno Alessandro Impagnatiello.
Giulia Tramontano e Alessandro Impagnatiello convivevano. Sabato lui l’aspettava a casa, la loro; e lì l’ha aggredita e colpita più volte con un coltello fino a ucciderla.
Lei, prima, si era incontrata con un’altra donna con cui - aveva scoperto da poco - Impagnatiello aveva una relazione.
L’omicidio è premeditato, secondo la PM Alessia Menegazzo, perché il compagno, quando ha incontrato Tramontano, aveva già deciso come ucciderla. Avrebbe cercato online in che modo disfarsi del corpo. In due tentativi ha provato a bruciarlo: prima con l’alcol nella vasca da bagno, poi con la benzina in un garage.
Durante la conferenza stampa, la pm Mannella è andata oltre alla cronaca: ha consigliato alle donne di rifiutare l’ultimo appuntamento. Utilizza la stessa frase, ripetuta in altre occasioni, anche da altre professioniste. Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, la presidente di Telefono Rosa, dopo l’omicidio di Martina Scialdone, avvocata di 34 anni uccisa dal compagno Costantino Bonaiuti: «Quando i vostri ex vi propongono un ultimo incontro, un chiarimento, non ci andate. Per nessuna ragione». Maria Carla Bocchino, responsabile della sezione donne e minori del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato: «Mai accettare l’ultimo appuntamento con l’ex, è il più pericoloso e spesso quello fatale».
Ma quelle parole, anche se pronunciate per aiutare le donne, rischiano ancora una volta di responsabilizzare e rendere proprio le donne vittime due volte. Potrebbero far pensare che il problema principale sia un loro comportamento. Non la violenza di genere.
Anche la psicologa e criminologa Anna Costanza Baldry rifletteva su « l’ultimo appuntamento». Lei per oltre 20 anni ha lavorato con centinaia e centinaia di donne che subiscono violenza. Di quelle storie diceva che aveva imparato un fatto: non sono tutte uguali perché chi subisce lo stalking non si trova nella stessa condizione emotiva e razionale delle altre persone. E parlare solo dell’ultimo incontro potrebbe banalizzare il fenomeno.
In un articolo del 2013, Anna Costanza Baldry scriveva: «È riduttivo, addirittura offensivo dire o scrivere che non ci doveva andare, che se lo doveva aspettare, che non si doveva fidare».
E ancora: «In molte ragazze, donne, mi riferiscono che seppure hanno fatto richiesta di ammonimento, o sporto querela, sì, gli rispondono al telefono, e magari ci escono anche, ci vanno all’appuntamento che lui con tanta insistenza invoca. Perché? Masochiste? No». A quell’incontro in realtà, chiariva Baldry, ci vanno per due ragioni: «Da una parte sottovalutano il rischio perché se sei coinvolta in una situazione, speri sempre che lui cambi, che si rassegni, che si stufi, che trovi un’altra, dall’altra però queste vittime hanno così trovato una loro ‘’strategie’’ per tenerlo a bada. Mi raccontano che se non gli rispondono al telefono, o non acconsentono di vederlo lui potrebbe reagire in un modo ancora più violento, aggredendo spesso anche altre persone vicino alla vittima: parenti, amici, nuovo compagno, o venire a scuola o al lavoro, rischiare di farla licenziare o comunque metterla in imbarazzo».
Piuttosto che concentrarsi soprattutto sui motivi per cui le donne accettano l’incontro, bisognerebbe pensare a come evitare che gli uomini premeditano che sia l’ultimo. Ribaltare il paradigma che rischia di «normalizzare» ogni atto violento. E iniziare a spiegare, sin dalla scuola, che non sono le donne ad avere il bisogno di trovare il coraggio di ribellarsi per salvarsi, ma la società a dover smettere di alimentare una cultura che difende la violenza.
Gentile concessione cronista Virginia Nesi