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Il Niqab e il Burqa
Il Niqāb (in arabo: نقاب) è un velo presente nella tradizione araba preislamica e in quella islamica, che copre l'intero corpo della donna, compreso il volto, lasciando scoperti solo gli occhi.
Mentre il Burqa è un vestito completamente integrale di colore blu o nero che viene indossato, per motivi religiosi e/o per imposizione da parte dalle donne di fede musulmana in Medio Oriente, principalmente nelle regioni dell'Afghanistan e del Pakistan.
Basta semplicemente nominarlo perché il termine burqa scateni una reazione di infinite contraddizioni sulla libertà della donna, l’oppressione religiosa e la lotta al patriarcato. Si tratta di una parola che veicola innumerevoli significati nell’immaginario collettivo occidentale, fatto un po’ di ricerca della libertà e un po’ di convinta superiorità. Ma tra la miriade di concetti che il burqa richiama alla mente non si è ancora fatto ordine e perpetrare in questo caos di significati contrastanti non permette di comprendere con chiarezza dove si ferma l’oppressione religiosa e dove inizia la prevaricazione occidentale.
Il termine burqa, nel suo significato effettivo, fa riferimento a un tipo, anzi al meno utilizzato, dell’ampia gamma di veli islamici. Nel suo significato collettivo, invece, la parola rievoca tutte le sfumature del suo genere a rappresentare l’oppressione femminile che la religione musulmana esercita agli occhi dei vicini occidentali, un’inaccettabile lesione della dignità delle donne a cui il velo integrale è imposto. Che poi il burqa, che nasconde interamente la figura femminile in modo più drastico dei suoi fratelli meno coprenti, sia imposto solo in pochissime regioni di Afghanistan e Pakistan poco importa, costituirà sempre il simbolo di una religione totalitaria che scavalca l’individualità delle donne, anche nelle più civilizzate terre del mondo.
KABUL - Cauto, prudente, ma chiaro: il burqa non fa una buona musulmana. Questo in sostanza il messaggio lanciato alla radio pubblica da Amina Afzali, leader del movimento delle donne afgane, a tutte le donne del Paese. Citando il Corano, la Afzali ha spiegato alle connazionali che il burqa, l'abito integrale imposto sotto il regime dei Taliban, non è obbligatorio e che il testo sacro non lo impone. Dunque, vi si può rinunciare. Il Corano, ha spiegato la Afzali, consiglia alle donne di indossare un fazzoletto da testa e a coprire il proprio corpo, a eccezione del volto e delle mani, ma non chiede di coprirsi dalla testa ai piedi. "Il sacro Corano è la guida che tutti i musulmani del mondo devono prendere a esempio", ha detto Afzali, "durante il pellegrinaggio alla Mecca, le donne provenienti da diversi Paesi si recano a pregare insieme con i loro fratelli e finora nessuna ha coperto il proprio volto in occasione di questi sacri riti".
La Afzali ha usato toni prudenti nel suo intervento e questo perché il tema dell'abbigliamento femminile in una società dalle tradizioni così radicate come quella afgana è assai delicato. La stessa Azali durante la conferenza di pace a Bonn preferì indossare lo chador, il velo islamico che copre la testa ma lascia libero il volto, invece di un foulard di seta o addirittura il capo scoperto come fecero le colleghe delegate che vivono in Europa o negli Stati Uniti.
L'intervento della Afzali, il cui movimento risponde ora direttamente al governo guidato da Hamid Karzai, segue le voci secondo cui le donne che con l'avvento dei Taliban persero il lavoro, potranno riaverlo a condizione che non indossino il burqa in ufficio. La leader del movimento si è astenuta dal rispondere alla domanda se il burqa deve essere tolto soltanto sul posto di lavoro o evitato anche per andarci.
La cacciata degli studenti coranici comporta nuove regole anche nei costumi degli uomini. Le barbe, prima obbligatorie e lunghe, dovranno essere accorciate e ben curate, se non tagliate; gli abiti di foggia occidentale, prima assolutamente vietati, saranno obbligatori per i dipendenti pubblici. Le reazioni non sono state tutte positive. Molti lamentano il fatto che non percependo lo stipendio da mesi non possono permettersi di rifarsi il guardaroba. I saggi islamici, da parte loro, avvertono il nuovo governo: che non siano stravolte le tradizioni del Paese.